Meno 1 mese alla LUT
Meno 1 mese alla LUT

Meno 1 mese alla LUT

Arriverà il momento in cui non ne potrai piú e ti sembrerà più facile arrenderti e mollare

Era esattamente un anno fa, quando scendendo dai soliti sentieri, la costante del mio camminare oltre al nano, mi diceva questa frase, con l’unico intento di prepararmi a qualcosa che sarebbe potuto accadere durante la mia prima Ultra. Ho ragionato parecchio su quella frase, preparandomi in testa l’eventuale soluzione che mi avrebbe portato fuori dal buco, nel caso ci fossi finita dentro.

Devi solo continuare a camminare, lo sai far bene, devi solo continuare a farlo senza pensare.

A distanza di un anno ho scoperto che entro nel baratro tra i 35k e i 40k, solo in gara. Finito l’entusiasmo iniziale e le prime sudate, quando il ritmo comincia a stabilizzarsi e mi rendo conto di quello che realmente sto facendo, comincio a cedere.

Rallento.


Cado in quel buco dove la mia mente comincia ad elencarmi in brevi e sintetici punti tutti i motivi per i quali non dovrei essere dove sono. Comincio ad avere paura di non farcela e a smettere di crederci.

In quel momento mi obbligo a ripetere quella frase
“Devi solo continuare a camminare, lo sai far bene, devi solo continuare a farlo senza pensarci”
e aggiungo
“Hai scelto tu di essere qui dove sei e sai che non desideri altro che essere qui, vivilo e non pensare”

Lo ripeto finché smetto di ragionare e diventa tutto meccanico, le gambe vanno, il cuore batte e la mente sta in silenzio. E’ in quel silenzio che la mia mente comincia a scrivere e scrive cose magnifiche, che cerco di registrare per metterle nero su bianco.

Manca un mese esatto. Non so se sono pronta, probabilmente non lo sono, il tempo passa troppo veloce. Sempre. Tranne quando vorresti che passasse veloce invece lui rallenta. Apposta.
Ma ormai ci sono e quindi entro nella fase di preparazione mentale positiva che mi contraddistingue: dove produco e immagino tutto quello che potrebbe andare storto e ce ne sono parecchie di cose che potrebbero andare storte questa volta. 40k segnano la metà dell’intero tracciato e a differenza di altre volte, dove superata la crisi potevo fare il conto alla rovescia, questa volta, superata la crisi mi ritroverò esattamente a metà, con davanti il pezzo più duro di tutta la gara.

Da Ponte Outo dovrò risalire tutta Val Travenanzes fino al Col dei Bos: una tirata in una valle scavata tra le Tofane e le prime Crode a sud del Parco Fanes Sennes Braies. Una valle stretta e fonda, che sale, lenta e costante. Al centro vi corre il Ru de Travenanzes, un torrente gelido, che raccoglie e porta a valle la neve ormai fusa, in lingue di acqua bianco azzurra. A destra salendo, le pareti bianche delle Tofane, che però a Giugno saranno ancora umide e nella prima parte tenderanno al nero, incombendo verticali a ridosso del sentiero. A sinistra le crode rosso arancio del Ciastelin e del Ciaval che con una lunga cresta si collegano alla Croda del Valon Bianco segnando uno dei confini del Parco Naturale Fanes Senes Braies. Sale costante, su un sentiero che ne taglia prima il fianco destro e poi si porta la centro e corre, in base alle stagioni e all’umore del Ru de Travenanzes, a destra o a sinistra del corso d’acqua. Al Cason de Travenanzes, si apre di più, il verde aumenta e le marmotte cominciano a fischiare. Avvisano che lì, proprio lì la salita si fa più dura.

La conosco bene quella valle dimenticata alle spalle di Cortina, lontana dal turismo nonostante la vicinanza alle mete più ambite delle Dolomiti. La amo quella valle: ha colori e panorami che solo i libri sulle fiabe di Fanes sono riusciti a descrivere.

La cosa che mi dà forza e contrasta la paura di non farcela a superare quella crisi è che io quella Valle la adoro, e potrò perdermi in quel pomeriggio ad ammirarla nel mio silenzio. Sola. Lasciando che la mia mente metta in fila parole e concetti, spinta dalla fatica e dalla bellezza di quel luogo.

Un passo davanti l’altro. Non uno di più. Non uno di meno.
Un lungo cammino è composto di tanti singoli passi.
Semplice.
Non dimenticarlo.


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